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Mario Ernesto Silvoni - "il vecchio esploratore"
 
 
 
Mordi e fuggi in Marmolada
di Mario Berto
 
 
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MORDI E FUGGI IN MARMOLADA (31.07.2009)

Dunque, ero rincasato intorno a mezzanotte, causa improvvisa riunione del CEP, di cui faccio parte. Ancora non avevo preparato lo zaino, o meglio avevo dei problemi con un paio di vecchi ramponi da ghiaccio che, avendo rotto quelli ad aggancio rapido, non riuscivo ad adattare agli scarponi.   Così ho fatto le ore piccole l'altro ieri-notte. Sono andato a letto all'una del mattino. Ho dormito fino alle 3,45 e malissimo. Durante la notte mi sono svegliato di soprassalto, convinto che qualcuno avesse suonato alla porta, e nel continuo rigirarmi sul letto, tenevo d'occhio la sveglia. Già, la sveglia, era quella la nemica da guardare a vista, anche perché il sonno ormai, chissà dove se n'era andato, sto vagabondo! Tra l'altro, faceva anche molto caldo e c'era pericolo che la sveglia se ne uscisse a prendere aria. Ma io la tenevo d'occhio.
E' sempre così la notte prima di un'escursione in montagna. L'appuntamento con gli amici al mattino presto, mi mette in agitazione e a soqquadro la vita che tutto a un tratto, uscendo dai soliti binari, viene presa da una eccitata ed insolita aritmia.
Dopo cinque minuti sono alzato. L'appuntamento con gli amici: Claudio, il bambino (50 anni), Mario, il pluri nonno e bisnonno (70 anni) ed il sottoscritto (63 anni), é per le 4.30. Faccio con calma le mie cose, tra l'altro anche un po' di colazione. Alle 4,35, ecco gli amici, sono loro, arrivano a prendermi. E' ancora buio, c'é un bel cielo stellato senza un alito di brezza, ...e noi a filare in auto sull'autostrada verso Venezia…
In auto parliamo dei nostri problemi, (vorrei vedere chi non ne ha), pochi per la verità i miei. Ascolto quelli dei miei amici, intervengo, puntualizzo, dormicchio, guardo l'alba. Un bellissimo sole rosso, che ha per cappello una piccola nuvola blu ed in fondo, a sud-est ancora nuvoloni neri, contornati di tutte le sfumatura di rosso e di rosa, promettevano niente di buono. Dico:
"Pioverà di sicuro oggi, chissà se riusciremo ad arrivare in cima."
Mi fa eco l'altro Mario (il più esperto),
"Meglio ci risparmieremo la fatica!”
“Te si vecio! Te scomissi a perdar colpi, Mario! No te conosso pi!" gli dice Claudio. Ed io:
"Tasi ti! Che se no ghe fussimo sta noantri n'eà to vita, te gavarissi soeo sboassà vacche, vedei e tori! Noantri te ghemo svessà e fato conossare el mondo da l'alto, co tuta eà so incomparabie beessa! ...Tra l'altro, sta sicuro che ti no te sarissi mai vegnù a misurare e to performans su e tere-gobe (montagne)!"
Insomma, tra on discorso stupido e uno serio ci siamo trovati alle 8.00 al passo Fedaia. Guardiamo la partenza della cabinovia per Pian dei Fiacconi. … ore 9.00!
"Porco Lusbrik, podevimo dormire on'ora in pi!" esclama Claudio. Io, un po' sorpreso, mi domando chi sia sto Lusbrik, di sicuro un suino di quelli mai visti, tanto maiale da essere porco per antonomasia, almeno nell'espressione dell'amico. Così, tra una parola e un'altra, all'aria fresca del mattino e a 2000 m. di altitudine, ci spogliamo....brrr, qualche brivido, ci vestiamo da alta montagna, ci attrezziamo di piccozza e ramponi, e zaino in spalla, aspettiamo la partenza della cabinovia.
Alle 9.45, siamo ai 2670m di Pian dei Fiacconi. Nuvole basse ci sfiorano e nascondono il panorama che nei giorni di sole è veramente unico. La Marmolada, col suo bianco ghiacciaio si confonde con le nuvole. La fronte del ghiacciaio invece, è una desolazione. Io la ricordo appena fuori dal rifugio: una parete di ghiaccio inclinata, bianca, azzurra e imponente, ma questo, circa 40 anni fa. Ora per raggiungere il ghiacciaio occorre salire tra le rocce per un tracciato piuttosto accidentato di oltre 150-200 mt.
Giunti ai piedi del ghiacciaio mettiamo i ramponi. ..."Che dite? E' il caso di tirare fuori la corda?" domanda il più esperto. "Ma," gli rispondo io, provando a camminare sul glacio-nevato, "con  questa neve fradicia, credo non sia necessario, caso mai ne riparliamo su in alto dopo aver superato le rocce, sul Schenal del Mul!" La gente che si accinge a salire non è tanta, ma c'è un folto gruppo di tedeschi, - quelli non mancano mai - forse una ventina, con tanto di guida, tutti attrezzati e agghindati come per affrontare un ottomila. Li osserviamo... meravigliati, più che per la loro perfetta attrezzatura, (nuova di
zecca), per il loro stare ordinato e composto agli ordini della guida. Sì, potevano essere soltanto tedeschi quelli! Precediamo di pochi secondi il gruppo tedesco che dopo mezz'ora di lenta salita abbiamo distanziato di qualche centinaio di metri. E' uscito il sole e noi, su, su, su, passo dopo passo, si suda da matti. Ci fermiamo e ci togliamo la felpa pesante per non morire dal caldo. Il gruppo dei tedeschi è più sotto, fermo a prender fiato. Via di nuovo. Dopo un'ora e un quarto, siamo sotto le rocce. Ci togliamo i ramponi e via su ancora, arrampicando, seguendo la guida di un cordino d'acciaio fissato alla roccia: niente di difficile fino al " Schenal del Mul". Dieci minuti di arrampicata e sbuchiamo di nuovo sulla cresta del ghiacciaio, quella cresta che dal rifugio appare come una bianca lama affilata. Rimettiamo i ramponi e risaliamo lentamente lo "Schenal del Mul". Peccato!  Di nuovo le nuvole, non si vede gran che. I ricordi però mi dicono che questo è il punto più bello e panoramico di tutta la scalata. A chi guardasse da sotto gli alpinisti sulla sottile cresta di neve - almeno ricordo - vengono i brividi, ha come l'impressione che la neve lassù possa cedere e trascini nel baratro gli alpinisti. Invece, ieri mattina, su quel punto all'apparenza difficile ma molto panoramico, un gran nebbione e glacio-nevato piuttosto molle anche per i ramponi.
"Dai, Mario, facciamo un po' di scena anche noi! "Tira fuori la corda, almeno per una foto!" dico all'altro amico, Mario-capo, "Qui ci meritiamo una foto da 8000, ti pare?"
Mario non mi da retta e continua a salire... 70 anni, li compirà il 15 di agosto prossimo, ma ancora un autentico mulo da soma! Senza accorgercene, seguendo le tracce per non entrare in zona pericolo, dopo 45 minuti ci ritroviamo alla croce di Punta Penia, metri 3.342. Una birra al piccolo rifugio, ce la siamo meritata.
Anche la Marmolada, per noi "poari veci" era cosa fatta!
Vi assicuro che è sempre una soddisfazione toccare la vetta di una cima, che se poi questa è anche la "Regina delle Dolomiti", la soddisfazione, per chi come noi ha dimenticato da un pezzo i vent'anni, è ancora maggiore.

La discesa? Una bazzecola, vi dico! ...addirittura cosa oscena, …una piccola parte, dopo il passaggio dalle roccette al ghiacciaio,  l'abbiamo fatta di culo!


Mario Berto

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